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Sentenza

Ineleggibili, al Consiglio dell’ordine, gli avvocati che hanno già espletato due...
Ineleggibili, al Consiglio dell’ordine, gli avvocati che hanno già espletato due mandati consecutivi.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 32781/18; depositata il 19 dicembre
SENTENZA 
sul ricorso 24013-2018 proposto da: 
C.A.M. , rappresentato e difeso da sé 
medesimo, ed elettivamente domiciliato in ROMA, presso la 
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE; 
- ricorrente - contro 
A.V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE 
DELLE MILIZIE 76, presso lo studio dell'avvocato GABRIELE FRANZA - 
STUDIO LEGALE FRANZA POZZAGLIA, rappresentato e difeso 
dall'avvocato ANTONIETTA ALONGI CAMMALLERI; 
- controricorrente - 
nonché contro 
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI AGRIGENTO, 
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI 
CASSAZIONE, B.S., A.L. V. I., Q. F., A.G.,L. E., D. B.M., D. C.P., 
M. G., D. C. E., F.A., P. I., B.A.; 
- intimati - avverso la sentenza n. 80/2018 del CONSIGLIO NAZIONALE 
FORENSE, depositata il 21/06/2018. 
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 
04/12/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO; 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore 
Generale LUCIO CAPASSO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; 
uditi gli avvocati A. M. e C. M.
C. per delega orale dell'avvocato Antonietta Alongi 
Fatti di causa 
1. L'avvocato C.A.M. ricorre, affidandosi ad atto 
notificato il 03/08/2018 ed articolato su dieci motivi, per la 
cassazione della sentenza n. 80 del 21/06/2018, con cui il Consiglio ( 
Nazionale Forense ha rigettato il reclamo da lui proposto, in qualità di 
componente eletto del medesimo Consiglio dell'Ordine, avverso la 
proclamazione di alcuni degli eletti e di uno dei candidati alle elezioni 
per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Agrigento 
tenutosi il 6 ed il 7 ottobre 2017. 
2. 
In particolare, il reclamo era fondato sulla contestazione 
dell'eleggibilità di sei componenti proclamati eletti (gli avvocati 
S.M.B. , V.A. , L. A.,I. V. F.Q., G. A.) e del non eletto 
avv. E,L., per avere costoro già ricoperto la carica di 
consigliere dell'Ordine per almeno due mandati consecutivi, in 
relazione all'art. 3, comma 3, della legge n. 113/2017. 
3. 
Degli intimati notifica il 09/10/2018 controricorso - 
depositandolo il 26/10/2018 - l'avvocato V. A., mentre 
gli altri intimati (il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Agrigento; gli 
altri suoi componenti nei cui confronti era stato proposto il reclamo 
elettorale: S. M. B. L. A., I.V., F. Q., G.A., E. L.; ed i 
componenti della Commissione elettorale: M.D.B., 
P.D. C., G. M., E. D. C., A.F., I.P. A.B.; il Procuratore 
Generale della Repubblica presso questa Corte) non espletano attività 
difensiva in questa sede. 
4. 
Per la pubblica udienza del 04/12/2018, alla quale sia il 
C.A.M.che l'A.discutono oralmente la causa, il primo 
deposita memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., con la quale 
preliminarmente contesta la procedibilità delle difese dell'A.ed 
illustra ulteriormente i motivi già svolti. 
Ragioni della decisione 
A. La ritualità del controricorso. 
1. Va preliminarmente rilevato che il controricorso di V. 
A.è rituale e tempestivamente prodotto, in applicazione del 
principio affermato ex professo da Cass. Sez. U. 10/07/2017, n. 
16993, secondo cui la nuova disciplina del ricorso per cassazione 
contro le decisioni del Consiglio Nazionale Forense, di cui all'art. 36, 
comma 6, della I. n. 247 del 2012, non prevedendo tale testo 
normativo il richiamo anche agli artt. 66 a 68 del r.d. 22 gennaio 
1934, n. 37 (ma solo agli artt. 59 a 65 di questo e cioè per il solo 
procedimento dinanzi al Consiglio Nazionale Forense), comporta, per 
il controricorso e visto che per esso non è dettata alcuna norma 
speciale, l'applicazione della disciplina del codice di procedura civile e, 
con essa, del normale termine per il controricorso - e non quello più 
breve previsto dalla previgente I.p.f. (art. 66). 
2. 
La contraria argomentazione sviluppata dal ricorrente in 
memoria, che si limita ad invocare 
l'obiter  di Cass. Sez. U. 
31/01/2017, n. 2481, con semplice illustrazione della previgente 
disciplina ignara delle ragioni della ritenuta sua inapplicabilità esposte 
nella successiva ed ampia motivazione della richiamata Cass. Sez. U. 
16993/17, per discostarsi dalla quale ultima non si ravvisa nemmeno 
alcuna ragione, non può quindi essere condivisa. Del resto, sebbene 
formalmente non abrogato dalla nuova disciplina, l'intero assetto 
disegnato dalla previgente è stato compiutamente risistemato dalla 
novella del 2012 e, in tale contesto, più non sussistono le esigenze di 
specialità della normativa originaria in relazione allo sviluppo del 
giudizio di legittimità. 
3. 
Di conseguenza, il controricorso dell'A., notificato il 
09/10/2018, nel rispetto dell'ordinario termine di venti giorni dalla 
scadenza di quello dalla notifica del ricorso, adeguatamente 
maggiorato della sospensione feriale, è tempestivo; e, per essere 
stato depositato il 26/10/2018 e così entro i venti giorni successivi 
alla sua notifica, è altresì procedibile: e le sue difese ivi dispiegate 
sono pertanto legittimamente avanzate. 
B. La questione decisa dal CNF e le tesi delle parti. 
4. 
Ciò premesso, è contestata l'interpretazione data dal Consiglio 
Nazionale Forense sulla non computabilità dei mandati di consigliere 
svolti anteriormente alla nuova legge ai fini della preclusione di 
eleggibilità prevista dall'art. 3, comma 3, della legge 12 luglio 2017, 
n. 113 (a mente del quale «i consiglieri non possono essere eletti per 
più di due mandati consecutivi»): si disputa, nella specie, del rinnovo 
del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Agrigento, tenutesi il 6 ed il 
7 ottobre 2017, in sede di prima applicazione delle richiamata legge. 
5. 
Sul punto, il Consiglio Nazionale Forense, riconosciuto 
l'interesse al reclamo in capo al reclamante benché egli stesso fosse 
stato eletto all'esito delle elezioni il cui risultato aveva contestato, ha 
ritenuto di interpretare la disposizione transitoria dell'art. 17, comma 
3, della stessa legge (a mente del quale, «in sede di prima 
applicazione, la durata dei consigli dell'ordine ... è stabilita comunque 
alla scadenza del 31 dicembre 2018, ferme restando le disposizioni di 
cui all'articolo 3 della presente legge ...») non sulla sola base del suo 
tenore letterale, ma anche sotto il profilo logico e sistematico: e, in 
estrema sintesi, sia per il carattere necessariamente eccezionale delle 
deroghe alla regola della normale eleggibilità, sia per la profonda 
diversità di ambito e modalità di esercizio del mandato di consigliere 
all'esito della compiuta riforma del Consiglio dell'Ordine di cui alle 
leggi nn. 247/12 e 113/17, ha ritenuto applicabili le «fondamentali e 
sostanziali novità della procedura elettorale introdotte dal combinato 
disposto» di tali leggi soltanto tutte insieme ed esclusivamente alle 
elezioni svolte con le nuove regole, sicché il divieto di eleggibilità non 
avrebbe potuto che riguardare quei soli mandati (consecutivi) 
espletati all'esito delle elezioni tenutesi col nuovo sistema. 
6. 
Nella stessa sentenza è disatteso il richiamo del ricorrente a 
Cass. n. 2001/2008, per la reputata non comparabilità delle materie 
(riferendosi quella pronuncia all'eleggibilità di Sindaci e Presidenti di 
Provincia e, quindi, a competizioni elettorali politiche, strutturate su 
di un sistema elettorale diverso, in via di consolidamento di una 
progressiva e pregressa evoluzione, implicanti una deroga per la 
minore durata del mandato, ritenuta come non prevista dalla legge n. 
247/12); ed è pure disatteso il richiamo all'art. 5, comma 3, I. n. 
111/17 (con riferimento agli incarichi direttivi e sennidirettivi dei 
magistrati ex artt. 45 e 46 d.lgs. n. 160/06, sussistendo in quel caso 
una «espressa e precisa disciplina transitoria che nel caso di specie è, 
invece, assente»). 
7. Il ricorrente articola dieci motivi di ricorso, coi quali lamenta: 
i.«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione del combinato 
disposto degli artt. 17, comma 3 art 3 comma 3° ultimi due 
periodi della legge 12/7/2017 n. 113 e conseguentemente del 
principio "tempus regit actum"»; 
ii. «Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione dell'art. 17 della 
legge 12/7/2017 n. 113 nella forma della violazione dell'art. 12 
delle preleggi»; 
iii.«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione dell'art. 17 della 
legge 12/7/2017 n. 113 nella forma della violazione dell'art. 12 
delle preleggi per avere violato il criterio storico cioè di tenete 
[sic] presenti i lavori parlamentari»; 
iv.«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione dell'art. 17 della 
legge 12/7/2017 n. 113 nella forma della violazione dell'art. 12 
delle preleggi per avere interpretato la legge contro il criterio 
introdotto nel nostro ordinamento giuridico di limitare la durata 
dei mandati»; 
v.
«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione dell'art. 17 della 
legge 12/7/2017 n. 113 nella forma della violazione dell'art. 12 
delle preleggi sull'erroneo presupposto che il CNF ha 
interpretato la norma in senso costituzionalmente orientato la 
[sic] dove ha disatteso i principi costituzionali»; 
vi.«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione dell'art. 17 della 
legge 12/7/2017 n. 113 nella forma della violazione dell'art. 12 
delle preleggi irragionevolezza di una interpretazione diversa»; 
vii.«Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione nella forma della 
violazione degli art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale, 
r.d. 16/03/1942 n. 262 e dello art. 20 della legge 12/7/2017 n. 
113 visto che con l'interpretazione voluta nella sentenza dal 
CNF l'art. 17 entrerebbe in funzione dopo 9 anni e due mesi 
dalla pubblicazione in gazzetta ufficiale»; 
viii. «Violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 
per erronea interpretazione nella forma della 
omessa applicazione degli articoli 3, 8 e 9, comma 5°, della 
legge 12/7/2017 n. 113 per avere il CNF nella impugnata 
sentenza ritenuto che il combinato disposto degli art. 3, comma 
3 e art. 17, comma 3 I. n. 113/2017 si applica ai due mandati 
successivi consecutivi svolti successivamente alla entrata in 
vigore della legge»; 
nonché, in linea subordinata: 
ix. «Violazione dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per 
omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. per non avere applicato 
articoli 3, 8 e 9, comma 5°, della legge 12/7/2017 n. 113»; 
x. «Violazione ex art. 360 n. 5 
per omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di 
discussione tra le parti e che, se esaminato, avrebbe condotto il 
CNF applicato 
articoli 3, 8 e 9, comma 5°, della legge 
12/7/2017 n. 113». 
8. Nel controricorso, l'A.si diffonde a contestare la tesi 
avversaria, sostenendo l'applicazione della norma solo in relazione ai 
mandati espletati dopo la sua entrata in vigore, sulla base di 
argomenti desunti anche dai lavori preparatori e di un'interpretazione 
prospettata come sistematica; ed eccepisce infine la tardività del 
reclamo avversario, siccome precluso dalla mancata previa 
impugnazione dell'ammissione della candidatura, avendo individuato 
in questa - e non nella successiva proclamazione degli eletti, 
ancorché (in tesi) ineleggibili - l'atto immediatamente lesivo, da 
contestare tempestivamente. 
9. 
Nella memoria, il ricorrente - oltre a contestare la ritualità 
dell'avverso controricorso - insiste per la definizione del suo ricorso al 
più presto, alla stregua della sua importanza per le imminenti tornate 
elettorali di rinnovo dei consigli degli ordini, prospettando persistente 
il suo interesse alla decisione ed illustrando ulteriormente le ragioni 
dell'applicabilità della norma sull'ineleggibilità a tutti i mandati e così 
pure a quelli espletati prima della sua entrata in vigore. 
C. La tempestività dell'azione. 
10.  Va, in via preliminare, esclusa la fondatezza dell'eccezione di 
tardività del reclamo del Cremona. 
11. Sul punto va, in primo luogo, osservato che la proclamazione 
degli eletti è regolata dall'art. 15, co. 7, della legge 12/07/2017, n. 
113, a mente del quale «terminato lo scrutinio, il presidente del 
seggio ne dichiara il risultato e nella stessa giornata procede alla 
proclamazione degli eletti, dandone immediata comunicazione al 
Ministero della giustizia, al Consiglio nazionale forense, al competente 
presidente di tribunale e a tutti gli altri ordini e curandone la 
pubblicazione nel sito internet istituzionale del proprio ordine». 
12. 
Al contempo, l'impugnazione della proclamazione è tuttora 
disciplinata - in difetto di nuova espressa regolamentazione (anche 
sub specie 
di abrogazione della specifica previsione dell'originaria 
norma) ed in virtù del richiamo contenuto all'art. 2, co. 1, lett. b) 
della legge 113/17 - dall'art. 26, co. 12, della legge 31 dicembre 
2012, n. 247 (a mente del quale «contro i risultati delle elezioni per il 
rinnovo del consiglio dell'ordine ciascun avvocato iscritto nell'albo può 
proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione»): non 
è invece prevista un'autonoma impugnazione avverso gli atti della 
commissione elettorale, che, ai sensi dei commi quinto e settimo 
dell'art. 9 della I. 113/17, procede alla verifica delle candidature. 
13. 
Orbene, anche l'evoluzione della giurisprudenza dei giudici 
amministrativi, che ha ammesso l'anticipazione della tutela giudiziale 
agli atti prima reputati meramente endoprocedimentali o comunque 
prodromici e preparatori della proclamazione degli eletti, è sì univoca 
nel consentire una tale opportunità, ma non consta averne mai 
inferito la decadenza dall'impugnativa degli atti successivi e meno che 
mai di quelli conclusivi del procedimento elettorale, quasi che 
l'anticipazione implicasse la tardività di ogni eventuale ulteriore o 
successiva reazione a questi altri atti. 
14. 
Sul punto va invero applicato il principio per cui l'esigenza di 
assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, fondata sull'art. 24 
della Costituzione, anche nella delicata materia 
elettorale implica 
che le formalità previste nei relativi procedimenti devono essere 
strumento di attuazione dei principi costituzionali di rappresentatività 
e di democrazia e non costituire ostacoli alle tutele dei cittadini (Cons. 
Stato 07/07/2015, n. 3368). 
15. 
Ne consegue che, in difetto di normative chiare ed univoche - 
che appunto nella specie mancano - di comminatoria di espressa 
decadenza, gli atti endoprocedimentali immediatamente presupposti 
dal verbale - od altro equipollente atto - di proclamazione degli eletti 
 (o altro atto o provvedimento conclusivo del procedimento elettorale) 
ben possono impugnarsi in uno a quest'ultimo, quand'anche questo 
sotto la prospettazione che esso sia viziato, per derivazione, appunto 
in forza del vizio dei primi. 
16. 
Di conseguenza, senza necessità di affrontare in questa sede 
alcuna questione sulla qualificazione del requisito come relativo ad 
incandidabilità od ineleggibilità, pure le doglianze per vizi di ogni altro 
atto endoprocedimentale, comprese le decisioni variamente 
formalizzate della commissione elettorale, relativo all'ammissione 
delle candidature - e quindi pure circa l'eleggibilità dei candidati - 
possono senz'altro essere validamente fatte valere mediante 
impugnazione del provvedimento di proclamazione degli eletti o 
comunque relativo ai risultati delle elezioni, nel termine di cui all'art. 
26, co. 12, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, se del caso anche 
in quanto viziato per derivazione dall'illegittima ammissione del 
candidato ineleggibile alle operazioni elettorali. 
D. Il merito della questione: la normativa applicabile. 
17. 
Disattese quindi le eccezioni preliminari rispettivamente 
proposte dal ricorrente e dal controricorrente, rilevano queste Sezioni 
Unite che i primi otto motivi, consentendone un complessivo esame 
- ed il superamento dell'eccezione di inammissibilità di ognuno di 
quelli come proposta dal controricorrente - l'intima loro connessione 
e la sufficiente intelligibilità della doglianza sostanziale, prospettano la 
questione della computabilità, ad impedire l'eleggibilità al consiglio 
dell'ordine circondariale forense e quanto meno in sede di prima 
applicazione della legge 113/17, anche dei mandati elettorali espletati 
prima della sua entrata in vigore. 
18. 
F. La disciplina a regime. 
27. Una norma transitoria ricostruita negli appena visti sensi (v. 
sopra, punto 25) è, del resto, pienamente in linea con la portata di 
quella che deve qui ricostruirsi come quella a regime e cioè anche per 
le elezioni diverse da quelle in sede di prima applicazione della legge 
113/17: poiché anche questa si riferisce, per l'identificazione dei 
presupposti o cause di ineleggibilità, appunto pure ai mandati 
espletati - o in corso di espletamento - prima dell'entrata in vigore 
della legge in parola. 
28. È convinta opinione di queste Sezioni Unite che un simile 
regime definitivo, analogo - tra gli altri - a quello introdotto per gli 
organismi rappresentativi di altri ordini professionali (come quello dei 
dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi dell'art. 9, comma 
nono, del d.lgs. n. 139 del 2005, a mente del quale «i consiglieri 
dell'Ordine ed il presidente possono essere eletti per un numero di 
mandati consecutivi non superiore a due»), deve qualificarsi (come 
già si è espressa, testualmente, questa Corte a sezione semplice: 
Cass. 21/05/2018, n. 12461) funzionale all'esigenza di «assicurare la 
più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di 
governo degli Ordini, favorendone l'avvicendamento nell'accesso agli 
organi di vertice, in modo tale da garantire la 
par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione (cfr. in 
riferimento alla rieleggibilità alla carica di Sindaco, Cass., Sez. I, 
26/03/2015, n. 6128)», nonché di evitare «fenomeni di 
sclerotizzazione nelle relative compagini (cfr. Cass., Sez. I, 
9/10/2007, n. 21100; Cass. 5/06/2007, n. 13181; Cass. 20/05/2006, 
n. 11895), potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle (\\ 
funzioni di rappresentanza degl'interessi degl'iscritti e di vigilanza sul 
rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l'esercizio 
della professione, nonché sull'osservanza delle regole deontologiche». 
29. In particolare, è chiara la valutazione del legislatore della 
protratta consecuzione dei mandati come idonea a fondare, con la 
permanenza nella gestione degli interessi di categoria, un rischio di 
sclerotizzazione delle compagini rappresentative e di viscosità o 
remore anche inconsapevoli nell'ottimale esercizio delle istituzionali 
funzioni di rappresentanza e vigilanza. 
30. Evidentemente, la norma valuta come da evitare per quanto 
più possibile il pericolo di una cristallizzazione di posizioni di potere 
nella gestione di queste a causa della protrazione del loro 
espletamento ad opera delle stesse persone: protrazione che è, a sua 
volta, fornite o incentivo di  ben prevedibili tendenze all'autoconservazione a rischio di prevalenza o negativa influenza su 
correttezza ed imparzialità dell'espletamento delle funzioni di 
rappresentanza. Al contrario, questo dovrebbe necessariamente 
essere sempre ispirato, per le stesse pubblicistiche esigenze che 
presiedono alla loro strutturazione in sistema ordinistico, a particolare 
correttezza e rigore nell'esercizio delle professioni così strutturate. 
31. 
Pertanto, per valutazione legislativa ogni prolungato esercizio 
del mandato, come dalla norma individuato per tempo pari alla durata 
di due mandati consecutivi (purché ognuno non inferiore a due anni e 
cioè, per gli Avvocati, in ragione della metà della durata del mandato 
ordinario), preclude la (immediata) rieleggibilità del consigliere, al 
fine di impedire la cristallizzazione della sua rendita di posizione e di 
porre almeno un limite o correttivo a quella che da taluni si è definita 
come l'evidente asimmetria di potere tra esponenti già in carica - 
soprattutto se da anni e per un mandato già rinnovato - e nuovi 
aspiranti alla carica. 
G. La legittimità della scelta legislativa. 
32. Questo risultato costituisce un  non irragionevole bilanciamento attuato dal legislatore nell'esercizio della discrezionalità 
di cui gode  in subiecta materia, idoneamente perseguendo l'obiettivo 
di rafforzare la rappresentatività dei Consigli degli Ordini mediante un 
ampliamento della partecipazione degli iscritti (v. Cass. 12461/18, 
ove richiami a: Corte cost., sentt. n. 276 del 2012 e n. 240 del 2008; 
Cass. 20/05/2006, n. 11895), anche dal lato dell'elettorato passivo, 
intuitivo effetto dell'esclusione dalla competizione elettorale di coloro 
che già vi abbiano più volte vittoriosamente preso parte. 
33. 
A questo riguardo è allora da escludere, dinanzi all'adeguata 
chiarezza dei tenori testuali della norma a regime e di quella 
transitoria, una lesione del principio, costantemente ribadito dalla 
giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimità, della 
eccezionalità delle norme che prevedono cause d'ineleggibilità, in 
quanto volte ad imporre limitazioni al diritto di elettorato passivo, 
nonché della conseguente esclusione di una loro interpretazione 
estensiva o analogica (cfr., tra molte: Corte cost., sentt. n. 27 del 
2009 e n. 141 del 1996; Cass. 02/02/2016, n. 1949; Cass. 
12/02/2008, n. 3384; Cass. 25/01/2001, n. 1073). 
34. 
Anche nella specie, infatti (in questi sensi v. ancora la già 
richiamata Cass. 12461/18), «non si tratta di estendere in via 
interpretativa l'ambito applicativo della causa d'ineleggibilità ad un 
caso apparentemente non contemplato dalla norma che la prevede o 
addirittura estraneo alla portata semantica della stessa, benché 
caratterizzato da un'identità di 
ratio, 
ma solo d'individuare l'esatto 
significato dell'espressione usata dal legislatore, mediante il ricorso 
agli ordinari criteri ermeneutici, tra i quali la ricerca dell'intenzione del 
legislatore si pone, in caso di equivocità del testo da interpretare, 
come strumento sussidiario, utilizzabile in via integrativa ove, come 
nel caso in esame, la ricostruzione del senso letterale delle parole non 
consenta di sciogliere ogni ambiguità, e destinato ad assumere un 
rilievo prevalente soltanto in via eccezionale, quando l'effetto 
giuridico risultante dalla formulazione della disposizione appaia 
incompatibile con il sistema normativo (cfr. Cass., Sez. III, 
21/05/2004, n. 9700; Cass., Sez. I, 6/04/2001, n. 5128; Cass., Sez. 
lav., 13/04/1996, n. 3495)». 
35. 
Resta irrilevante quindi il parallelo, che ciascuna delle parti 
riesce ad invocare a sostegno delle rispettive contrapposte tesi, con le 
normative sulle elezioni degli enti territoriali locali o con altre in tema 
di temporaneità di funzioni pubbliche (come in materia di incarichi 
direttivi e semidirettivi dei magistrati): è la legge, come sopra 
interpretata, a valutare le peculiari esigenze pubblicistiche sottese 
all'ordinamento ordinistico delle professioni appunto tali da fondare, 
mediante l'ampliamento e la maggiore fluidità dell'elettorato passivo, 
la limitazione di quest'ultimo (peraltro obiettivamente circoscritta, 
non essendo impedita la ricandidatura, sia pure una volta decorso un 
periodo di tempo pari almeno all'ultimo dei mandati espletati) a 
svantaggio di chi ne abbia già vittoriosamente fruito. 
36. 
E resta irrilevante pure l'argomento delle diversità strutturali 
dell'ambito e delle modalità di esercizio del mandato, apportate dalle 
riforme del 2012, individuate dalla qui gravata sentenza (obbligo di 
candidatura per gli avvocati che aspirino ad essere eletti nel COA; 
allungamento della durata del mandato da due a quattro anni; 
introduzione del criterio elettivo a maggioranza semplice in luogo del 
precedente a maggioranza assoluta in sede di primo scrutinio; nuovo 
criterio di determinazione del numero dei consiglieri componenti del 
COA; dovere di rispettare l'equilibrio tra i generi): infatti, tutte tali 
nuove previsioni, essendo per il resto rimaste sostanzialmente 
immutate le funzioni dei Consigli da eleggere, ben possono dirsi in 
prevalenza orientate allo scopo di limitare i rischi di condizionamento 
dell'elettorato attivo derivanti dalla protrazione della persistenza nella 
carica, con cui è pienamente coerente l'interpretazione, qui adottata, 
dell'esclusione dell'eleggibilità di chi è - od è stato - in carica da oltre 
un mandato consecutivo ad altro. 
H. L'esclusione di un'applicazione retroattiva della norma. 
37. 
Né può dirsi che attribuire rilevanza, ai fini dell'ineleggibilità, 
ai mandati pregressi e cioè anche a quelli espletati pure solo in parte 
prima dell'entrata in vigore della norma, implichi l'applicazione 
retroattiva dell'art. 3, co. 3, secondo periodo, I. 113/17. 
38. 
Già potrebbe rilevarsi che il divieto di retroattività al di fuori 
del diritto penale (per il quale vige l'espressa previsione dell'art. 25 
della Carta fondamentale della Repubblica) non gode di usbergo 
costituzionale, solo esigendosi che la relativa disposizione sia 
espressa e che la scelta normativa - tra le ultime, v. Corte cost. n. 73 
del 2017 - sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso 
un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la 
previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi 
dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
39. 
In via dirimente, può peraltro osservarsi che già in altra 
occasione pure il Giudice delle leggi ha rilevato che l'introduzione di 
limiti all'accesso alle cariche elettive e, in generale, all'elettorato 
passivo non implica altro che l'operatività immediata della legge e 
non una retroattività in senso tecnico e cioè con effetti 
ex tunc  (Corte 
cost. 118/94): ed è stata qualificata come il legittimo «frutto di una 
scelta discrezionale del legislatore certamente non irrazionale» 
l'attribuzione ad una condizione personale peculiare di una rilevanza 
così intensa da influire negativamente anche per il futuro, nonostante 
tale idoneità non possedesse al momento in cui si era verificata, 
sull'effettivo espletamento della funzione cui costituiva un ostacolo. 
40. 
In altri termini, non può dirsi che la disciplina dei requisiti o 
presupposti di eleggibilità, necessariamente rivolta a fatti o condotte 
esaurite prima del momento in cui si svolgono le elezioni, disciplini il 
passato: in linea generale, infatti, l'identificazione dei requisiti di 
eleggibilità ha luogo necessariamente al momento dell'elezione 
dell'organo o in tempo ad essa prossimo, ma non può che avere 
riferimento a presupposti di fatto verificatisi in precedenza, 
qualificandoli ai fini della partecipazione alla competizione elettorale. 
41. 
Pertanto, la nuova norma sull'ineleggibilità non regola il 
passato, ma attribuisce, per il futuro, una nuova rilevanza ed una 
nuova considerazione - ora ostativa - a fatti passati, eretti a requisiti 
negativi od ostativi per l'accesso alle cariche elettive o per il 
mantenimento di quelle in ragione dell'acquisita considerazione di un 
loro disvalore, conferendo ad un evento del passato una diversa 
rilevanza, ma non già regolandolo direttamente in modo nuovo. 
42. 
E, poiché è al tempo delle elezioni che occorre fare riferimento 
per valutare la sussistenza di quei presupposti di fatto, devono allora 
rilevare, a meno di una norma chiara ed espressa in senso diverso, 
quali requisiti di eleggibilità pure quelli che possano riferirsi a fatti o 
condotte in essere fin da tempo anteriore a quando abbiano assunto 
tale valenza ostativa, ove la valutazione del loro disvalore sia 
espressa in modo chiaro e tale da condizionare la funzionalità o la 
necessaria apparenza di funzionalità dell'organo. 
43. 
La conclusione è stata applicata a chiare lettere - in caso di 
elezioni espressive di rappresentanza politica, sia pure locale, in cui 
sono avvertite come particolarmente stringenti le esigenze di tutela 
della libertà dell'elettorato sia attivo che passivo - da questa Corte in 
tema di (divieto di reiterata ri-)elezione dei Sindaci (e dei Presidenti 
della Provincia) ai sensi dell'art. 51 d.lgs. 267 del 2000: si è invero 
qui statuito (Cass. 29/01/2008, n. 2001) che la relativa norma, che 
prevede una causa originaria di ineleggibilità, «si applica senza 
distinzione ai mandati svolti sia anteriormente che successivamente 
alla sua entrata in vigore, mancando ogni elemento dal quale possa 
desumersi che il legislatore abbia disposto l'applicabilità della norma 
solo per il futuro». 
44. 
In definitiva, poiché manca un'espressa disposizione 
transitoria in senso contrario (e cioè di identificazione dei mandati 
ostativi con quei soli espletati in tempo successivo all'introduzione dei 
nuovi elementi ostativi), la conclusione della necessaria rilevanza dei 
mandati pregressi è imposta dall'esigenza di immediata operatività 
delle condizioni di ineleggibilità quali valutazioni negative 
ex lege 
di 
quei presupposti e della loro incompatibilità con le funzioni cui il 
candidato ambisce, in ragione del loro significato o dei rischi che 
evidentemente implicano, secondo il comune sentimento del 
particolare momento storico in cui la regola è stata adottata. 
45. 
Pertanto, bollata la reiterata rielezione come risultato da 
scongiurare a garanzia di un'incrementata rappresentatività 
dell'organo basata sul preminente valore dell'avvicendamento o del 
ricambio nelle cariche rappresentative, non è oggi giustificato 
interpretare la normativa nel senso di imporre l'attesa dal 2017 per il 
doppio della durata del mandato innovata già dalla riforma del 2012, 
prima della piena applicazione di una norma effettivamente introdotta 
fin dal 01/01/2013 (in virtù del già richiamato art. 28, co. 5, terzo 
periodo, I. 247/12) ed in pratica differendola al 2025 e cioè di ben 
tredici anni. 
I. Conclusioni. 
46. 
In conclusione, reputano queste Sezioni Unite che la regola 
dell'ineleggibilità originaria dei consiglieri che abbiano già svolto due 
mandati consecutivi va interpretata, in conformità alle linee 
ermeneutiche già adottate in altre materie elettorali o ad esse 
equiparabili, nel senso che, entrata in vigore una norma che pone 
quale requisito di eleggibilità l'assenza di esiti o conseguenze di 
condotte o di fatti verificatisi anche solo parzialmente in precedenza, 
in difetto di espressa chiara norma in contrario, il requisito deve 
sussistere pure in riferimento a quei fatti e quelle condotte già 
verificatisi in tempo anteriore e, così, pure prima dell'entrata in vigore 
delle norme che li assumevano a presupposti ostativi all'eleggibilità (e 
cioè prima del 21/07/2017, giorno successivo alla pubblicazione della 
legge 113/17 sulla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 20/07/2017, secondo 
la previsione del suo art. 20). 
47. 
Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «in 
tema di elezioni dei Consigli degli ordini circondariali forensi, la 
disposizione dell'art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge 12 
luglio 2017, n. 113, in base alla quale i consiglieri non possono essere 
eletti per più di due mandati consecutivi, si intende riferita anche ai 
mandati espletati anche solo in parte prima della sua entrata in 
vigore, con la conseguenza che, a far tempo dall'entrata in vigore di 
detta legge (21 luglio 2017) e fin dalla sua prima applicazione in forza 
del comma 3 del suo art. 17, non sono eleggibili gli avvocati che 
abbiano già espletato due mandati consecutivi (esclusi quelli di durata 
inferiore al biennio ai sensi del comma 4 del medesimo art. 3 I. 
113/17) di componente dei Consigli dell'ordine, pure se anche solo in 
parte sotto il regime anteriore alle riforme di cui alle leggi 31 
dicembre 2012, n. 247, e 12 luglio 2017, n. 113». 
48. 
La gravata sentenza, che ha invece applicato un diverso 
principio di diritto, va pertanto cassata: ma non sussistono i 
presupposti per la decisione nel merito, poiché, se questa ben può 
adottarsi anche in ipotesi di impugnative delle decisioni del CNF in 
materia elettorale (come nel caso di Cass. Sez. U. 31/01/2017, n. 
2481), comunque la cassazione sostitutiva, con pronuncia nel merito, 
è ammessa solo quando la controversia debba esser decisa in base ai 
medesimi accertamenti ed apprezzamenti di fatto, che costituiscono i 
presupposti dell'errato giudizio di diritto e non pure quando, per 
effetto dell'intervento caducatorio della sentenza di legittimità, si 
renda necessario decidere questioni non esaminate nella pregressa 
fase di merito con una pronuncia che, non valendo a sostituirne altra 
precedente, si configura come ulteriore rispetto a quella cassata 
(Cass. 12/03/2015, n. 4975; Cass. 27/02/2004, n. 4063; Cass. 
02/06/2000, n. 7367; Cass. 25/03/1996, n. 2629), quand'anche si 
debba limitare la conclusione al caso in cui vengano in considerazione 
questioni di fatto o, a tutto concedere, miste di fatto e di diritto. 
49. 
Infatti, a tal fine occorre un'accurata disamina delle posizioni 
di ciascuno degli eletti la cui proclamazione è stata contestata, anche 
alla stregua delle eccezioni pure previste dal comma 4 dell'art. 3 della 
legge 113/17, applicabile alle elezioni in sede di prima applicazione di 
tale legge in virtù dell'integrale richiamo da parte del comma 3 
dell'art. 17 della medesima: disamina mancata perché ritenuta 
evidentemente assorbita dalla pregiudiziale questione in diritto 
dell'irrilevanza proprio di ogni ulteriore accertamento. 
50. 
E, poiché la rilevata necessità di ulteriori accertamenti di fatto 
priva questa Corte della potestà di decidere nel merito, è in radice 
preclusa ogni altra considerazione, compresa quella dell'imminente 
scadenza dell'organo della cui elezione si sta disputando (scadenza 
che comporta, di norma, la sopravvenuta cessazione della materia 
del contendere: Cass. Sez. U. 28506/05; Cass. Sez. U. 14385/07; 
Cass. Sez. U. 18047/10). 
51. 
Il giudice del rinvio, che si identifica nel Consiglio Nazionale 
Forense in diversa composizione, applicherà allora, ove giunga ad 
esaminare il merito, appunto il principio di cui al precedente punto 
47, in grado del resto di regolare ogni elezione dei Consigli degli 
Ordini successiva all'entrata in vigore della legge 113/17, sia o meno 
in sede di sua prima applicazione. 
52. 
L'assoluta novità della questione qui affrontata e risolta giustifica 
l'integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. 
53. 
Infine, va dato atto che, risultando il processo esente dal 
versamento del contributo unificato, non si applica l'art. 13 comma 1- 
quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 
17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato 
per i gradi o i giudizi di impugnazione. 
P. Q. M. 
Accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la gravata sentenza 
e rinvia al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione, 
compensando le spese del presente giudizio di legittimità. 
Così deciso in Roma il 04/12/2018. 
Il Consigliere estensore 
Il Presidente 
(dott. Franco De Stefano) 
(dott. Giovanni Mammone)
Avv. Antonino Sugamele

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